Ansia sociale: come superare la metavergogna?

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Ansia sociale: come superare la metavergogna?

Ansia sociale: come superare la metavergogna?


Il disturbo d’ansia sociale (DAS) è caratterizzato da ansia o paura significativa causata dall’esposizione a determinate situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile giudizio da parte degli altri (interazioni sociali, essere osservati, eseguire una prestazione).

L’individuo teme che agirà in modo tale o manifesterà sintomi dell’ansia che saranno valutati negativamente (saranno umilianti o imbarazzanti: porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per gli altri).

Quando si manifesta l’ansia sociale?

Mentre l’adulto con ansia sociale può strutturare la sua vita in modo da evitare gli stress, il bambino/ragazzo affetto da questo disturbo è costretto tutti giorni a fronteggiare situazioni difficili come, ad esempio, a scuola.

In circa il 75% dei soggetti l’età di insorgenza è tra 8 e 15 anni.

L’età media dell’esordio è l’adolescenza (13 anni), ma il disturbo è presente anche nei bambini a partire dall’età di 8 anni.

Infanzia e adolescenza sono momenti di crescita molto diversi: la manifestazione sintomatica dell’ansia nei bambini sarà differente lungo l’arco evolutivo.

Quali sono i sintomi dell’ansia sociale?

Il DSM 5 descrive i sintomi dell’Ansia Sociale Generalizzata, ma che si possono trovare pazienti che presentano una fobia sociale più specifica (parlare davanti a persone sconosciute):

la reazione fobica deve essere presente da diverso tempo (almeno sei mesi) e deve essere intensa e sproporzionata; il disturbo deve provocare un significativo peggioramento del funzionamento del soggetto (ad es. attraverso comportamenti di evitamento) e della sua qualità di vita.

Tipologie

Il DSM-5 inoltre definisce due tipologie di disturbo d’ansia o fobia sociale.

Se i sintomi si presentano solamente quando il soggetto deve effettuare una performance pubblica (come parlare in pubblico) allora si parla di disturbo d’ansia sociale correlato alle performance.


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In genere questo tipo di disturbo può essere diagnosticato in musicisti, ballerini, atleti etc.

In casi in cui, invece, il disturbo si presenti anche con fobie in altri contesti sociali, allora si utilizza la denominazione semplice disturbo d’ansia sociale.

Il nucleo patologico dell’ansia sociale è il timore di mostrare la propria inadeguatezza sociale: l’essere giudicato negativamente per questo.

Per approfondire:L’ansia da prestazione nello sport

Come si comporta chi soffre di ansia sociale?

Chi soffre di ansia sociale presenta una serie di comportamenti difensivi, volti a prevenire un giudizio negativo, in particolare teme che gli altri lo deridano in quanto goffo, in ansia o in imbarazzo nello svolgere semplici attività (es: mangiare).

Cosa temono gli ansiosi sociali? Il giudizio degli altri!

L’ansia sociale consiste nella minaccia di compromissione dello scopo della buona immagine (timore della brutta figura). L’attività mentale e i comportamenti dei soggetti con fobie sociali sono principalmente orientati ad evitare a tutti i costi una brutta figura, piuttosto che a fare bella figura, ponendosi così un obiettivo in termini negativi.

Le fasi della vergogna

Quando lo scopo della buona immagine viene compromesso o minacciato di compromissione, si prova vergogna o timore di provare vergogna. Questo avviene quando si è oggetto di una valutazione da parte di altri.

La vergogna rappresenta un indicatore di come ci sentiamo confronti degli altri ed è un regolatore della condotta che abbiamo per evitare di provare questa emozione (meccanismi come evitamenti dell’esposizione sociale, disinvestimento).

Il Disturbo d’Ansia Sociale è caratterizzato da tre fasi:

Prima (fase anticipatoria): quando prevede di essere esposto all’evento sociale e immagina una figuraccia su aspetti che considera importanti (se la figuraccia assume la connotazione di minaccia allora proverà ansia); Durante (fase di esposizione): nell’esposizione a una figuraccia; Dopo (fase di elaborazione successiva): quando si passa il tempo a rimuginare nel ricordare la figuraccia.

Psicoterapia e ansia sociale

Come curare il disturbo?

L’obiettivo della psicoterapia nel caso del disturbo d’ansia sociale sarà quello di ridurre l’ansia sociale e la tendenza a vergognarsi e in particolare metavergognarsi (vergogna di farsi vedere mentre si prova vergogna).

La prima fase in terapia è l’assessment fatto tramite colloqui e test specifici per reperire informazioni dal paziente e ricostruire il profilo interno ed esterno del disturbo.

In una seconda fase si tenta di normalizzare la sintomatologia condividendo con il paziente il modello di funzionamento del disturbo che gli permette di capire cosa gli stia accadendo. Un aspetto principale del funzionamento della persona con ansia sociale è quello di avere un’idea della socialità connotata negativamente, dove le relazioni sono pericolose.

La terapia fornirà al paziente una nuova prospettiva sulla socialità dove, come insegna ad esempio la tecnica ACT (Acceptance and Commitment Therapy), potrà perseguire i valori della sua personalità e soddisfare i propri bisogni. A ciò si aggiunge l’acquisizione di una maggiore resistenza alla frustrazione: il paziente sarà guidato a ridurre il peso che dà abitualmente alle brutte figure nella socialità, così da riuscire ad esporsi, godere dei benefici e dell’arricchimento delle relazioni sociali.

Quindi si prosegue con la riduzione della fobia sociale, si aumentano le abilità sociali e il loro utilizzo nei contesti naturali, si vanno a ridurre i fattori di vulnerabilità e si fa prevenzione delle ricadute.

Nella fase centrale della terapia, per la riduzione dell’ansia sociale, si utilizza la tecnica dell’osservazione: il paziente verrà videoregistrato in momenti di socializzazione che lo porteranno a provare vergogna e, prima di rivedere tali video, gli verrà chiesto di dire come s’immagina nella registrazione indicando il livello di vergogna. Dopo l’esposizione del video il terapeuta porterà il paziente a ridurre il peso della vergogna che inizialmente il paziente aveva dato alle sue azioni videoregistrate, basandosi sull’effettivo carico di vergogna che si può osservare senza avere il carico del paziente.

Lo stesso metodo si applica per la metavergogna, cioè il provare vergogna per il fatto che si provi vergogna e il giudizio negativo e di scherno per il fatto di ritenere la persona debole o ridicola, credenza tipica del DAS.

Si valuta il peso degli elementi che hanno contribuito a rendere il soggetto vulnerabile allo sviluppo del disturbo e a strutturare un piano per fortificare il paziente, fornendogli delle strategie per prevenire ed eventualmente fronteggiare delle ricadute qualora si ripresentassero i sintomi.

Arrivati a questo punto della terapia grazie alla ristrutturazione cognitiva, l’accettazione e l’esposizione, il clinico dovrà consolidare il cambiamento ottenuto.

Bisogna fornire standard di performance più realistici e interiorizzati, costruendo un nuovo modello di “Sé ideale”.

Alla fine di questo processo il paziente dovrà strutturare un’autostima derivante da un confronto realistico tra sé ideale e se percepito, che include anche le caratteristiche che un tempo lo definivano come “inetto” ai propri occhi e a quelli altrui.

È bene alla fine del trattamento di informare il paziente della possibilità di ricadute, insegnandogli a capire i segni prodromici dei sintomi così da non catastrofizzare e pianificare di chiamare il terapeuta per delle sedute di rafforzamento con l’utilizzo di tecniche già utilizzate.

 

Bibliografia

Beidel, Turner, & Morris, 1999 Rendall 2018 Clark e Beck. 2010



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