Una dieta per salvare il pianeta (e la nostra salute)

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Una dieta per salvare il pianeta (e la nostra salute)

Una dieta per salvare il pianeta (e la nostra salute)

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Non è la prima volta che sentiamo parlare di quanto il nostro stile di vita, nello specifico il modo in cui ci nutriamo, possa influenzare la salute del nostro pianeta oltre che la nostra. Questo legame sta divenendo sempre più stretto e rilevante per garantire un futuro alle generazioni che verranno. Proprio poche settimane fa, una commissione di esperti, ha pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet i risultati di uno studio che ha lo scopo di porre le basi per un nuovo sistema alimentare globale, partendo dalle nostre tavole e arrivando ai problemi di nutrizione e sostenibilità nell’intera umanità.

Lo studio della Commissione Eat-Lancet

La Commissione Eat-Lancet fa parte di un progetto di 3 anni che ha visto la collaborazione di 37 esperti in salute, nutrizione, sostenibilità ambientale, sistemi alimentari, economia e politica, provenienti da 16 paesi. L’obiettivo della Commissione è stato quello di raggiungere il consenso scientifico nella definizione dei target per regimi alimentari salutari e per la produzione sostenibile di cibo. I risultati ottenuti forniscono la prima valutazione scientifica di obiettivi, all’interno di quelli che sono i limiti del pianeta, che ci permetteranno di nutrire i 10 miliardi di individui che si prospetta occuperanno la Terra nel 2050. Cosa hanno capito gli scienziati in questi anni? Sfamare la popolazione terrestre in crescita con una dieta sana e sostenibile sarà impossibile se non cambieremo le nostre abitudini alimentari, se non miglioreremo la produzione di cibo e se non ridurremo lo spreco.


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Un regime alimentare più salutare per noi…

Nonostante negli ultimi 50 anni la produzione di cibo abbia contribuito a migliorare le aspettative di vita e abbia ridotto la fame, i tassi di mortalità infantile e la povertà a livello globale, questi benefici stanno spesso mutando, trasformandosi in abitudini non salutari quali diete ricche in calorie, zuccheri, farine raffinate e ingredienti a base animale, ma povere in frutta, verdura, prodotti integrali, legumi, noci, semi e pesce. I dati sono preoccupanti: 11 milioni di persone all’anno muoiono a causa di un’alimentazione sbagliata. In realtà viviamo in un mondo schizofrenico da questo punto di vista perché 2 miliardi di persone soffrono di sovrappeso e obesità ma 800 milioni sono attualmente affamate e 2 miliardi malnutrite. Si tratta di ristabilire un equilibrio, permettendo a tutti di avere accesso ad alimenti sani, nutrienti e sostenibili. È ciò che dovrebbe promuovere la planetary health diet, il regime alimentare progettato dagli specialisti della Commissione Eat-Lancet, in grado di salvare la nostra salute e quella del pianeta in cui viviamo. In cosa consiste? È principalmente una dieta basata sul consumo di vegetali e ha un tetto di 2500 chilocalorie giornaliere. Senza soffermarsi sui valori in peso degli alimenti e per avere un’idea generale, basti pensare che permette di assumere un hamburger di manzo e due piatti di pesce a settimana, mentre il resto delle proteine sono di origine vegetale (legumi e semi). Le linee guida indicano anche il consumo di un bicchiere di latte al giorno, poco formaggio o burro e un uovo o due alla settimana. Come già accennavamo, il cuore della dieta è nei vegetali: metà di ciascun pasto dovrebbe essere costituito da frutta e verdura e un terzo da cereali integrali. Nuove abitudini non così punitive perché, se ci fate caso, vi renderete conto che la dieta mediterranea non si discosta così tanto da ciò che è suggerito.

…e che sia sostenibile per la Terra

È dalla metà degli anni Cinquanta che la portata dei cambiamenti climatici è cresciuta esponenzialmente e la produzione di cibo è la maggiore causa di degrado ambientale. L’industria alimentare, per essere sostenibile, deve cercare di rispettare i limiti del nostro pianeta legati al riscaldamento globale, deve evitare la perdita di biodiversità, lo sfruttamento indiscriminato di suolo e acqua e l’alterazione dei cicli dell’azoto e del fosforo. Tuttavia la produzione deve comunque rispondere alla crescente richiesta dovuta all’incremento demografico. Quale strada intraprendere? Sarà necessario abbracciare un’agricoltura che vada incontro alla decarbonizzazione, eliminando l’utilizzo di combustibili fossili e modificando l’uso del suolo per diminuire le emissioni di CO2. Bisognerà anche rispettare la biodiversità, non espandere i terreni agricoli in ecosistemi naturali e perfezionare i sistemi di fertilizzazione e irrigazione.

Le 5 strategie per cambiare il sistema alimentare globale

Per modificare ciò che la gente mangia e come questo viene prodotto, la Commissione ha proposto 5 strategie:

Supportare politiche che incoraggino le persone a scegliere un regime alimentare sano e che migliorino la disponibilità e l’accessibilità del cibo salutare attraverso una modifica della logistica e della conservazione, aumentando così anche la sicurezza degli alimenti. È importante anche promuovere la vendita da produttori che praticano agricoltura e allevamento sostenibili: il prezzo deve riflettere i costi di produzione e ambientali ma i gruppi sociali più vulnerabili non dovranno pagare per questo, quindi si dovrà garantire la democraticità del cibo e di uno stile di vita sano;
Ripensare l’agricoltura – dal produrre grandi raccolti al produrre colture varie e nutrienti – grazie a politiche globali che incentivino la ricerca e programmi di supporto per nuovi sistemi. Inoltre, in alcuni contesti, anche l’allevamento è importante come fonte alimentare quindi bisognerebbe considerare gli ecosistemi e i benefici e rischi dell’allevamento caso per caso;
Considerare anche all’agricoltura intensiva sostenibile come una delle possibili soluzioni, sempre tenendo conto delle condizioni locali e applicando pratiche appropriate e sostenibili per ottenere coltivazioni di alta qualità;
Amministrare in maniera efficiente l’uso di suolo e oceano sarà importante per proteggere gli ecosistemi naturali e assicurare la continua disponibilità di cibo. Ciò potrà esser fatto attraverso la protezione di aree naturali incontaminate, proibendo il disboscamento, ripristinando le zone degradate e, nell’ambito della pesca, rimuovendo pericolose sovvenzioni e chiudendo il 10% delle aree marine;
Infine lo spreco di cibo andrà dimezzato. La maggior parte dello spreco ha luogo in paesi a reddito medio-basso, durante la produzione, ed è dovuto a scarsa pianificazione del raccolto, alla mancanza di accesso ai mercati e all’assenza di infrastrutture per conservare e processare gli alimenti. È necessario incrementare gli investimenti in tecnologie e informazione per i gli agricoltori. Lo spreco di cibo è un problema anche per le nazioni con reddito alto, soprattutto legato ai consumatori, e può essere risolto attraverso campagne che, per esempio, aiutino a capire il significato del “da consumarsi preferibilmente entro il …” e implementando la conservazione e la preparazione degli alimenti, la dimensione delle porzioni e l’utilizzo degli avanzi.

Su Sapere avevamo già affrontato il tema del legame tra alimentazione e sostenibilità ambientale. Se l’argomento vi interessa, vi consigliamo di acquistare e leggere l’intervista di Franco Miglietta, “Cibo, energia, futuro: opinioni a confronto”.

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