Meno cemento e più verde per la salute dei bambini

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Meno cemento e più verde per la salute dei bambini

Meno cemento e più verde per la salute dei bambini

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Quella che poteva essere una percezione, ora ha dei dati per essere confermata: vivere in aree altamente cementificate è dannoso per la salute respiratoria e oculare dei bambini, mentre vivere in aree con molto verde urbano è protettivo. A dirlo un’indagine curata dai ricercatori Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Emilia-Romagna e Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale – Regione Lazio (DepLazio), pubblicata su Environmental Health.


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La relazione tra urbanizzazione e salute

Una ricerca effettuata su bambini di età scolare che vivono a pochi chilometri da Palermo ha sviluppato, per la prima volta in Italia, un approccio che combina urbanizzazione e salute dei residenti, attraverso specifici indicatori: greenness – verde urbano, greyness – aree cementificate e biossido d’azoto (NO2). “La ricerca”, ha spiegato Stefania La Grutta, primo ricercatore dell’Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare Alberto Monroy del CNR (CNR-IBIM), “rientra nel progetto Giardini per allergici, nato dalla collaborazione tra CNR, Comune di Palermo e l’organizzazione no profit Vivisano onlus. Sono stati coinvolti in tutto 244 scolari, tra gli 8 e i 10 anni, di due scuole elementari che hanno compilato un questionario per la valutazione dei sintomi respiratori, allergici e generali. Sono stati calcolati gli indicatori individuali di esposizione ambientale sia al greenness e al greyness sia al biossido d’azoto (NO2)”. Nell’area, dove insistono le due scuole, è attiva una delle due stazioni di misurazione di fondo del livello di inquinamento della città non influenzata prevalentemente da emissioni di specifiche fonti (industrie, traffico, riscaldamento residenziale, ecc.), bensì dal contributo integrato di tutte queste rispetto alle direzioni predominanti dei venti in quel sito”.

Lo studio

Lo studio è stato condotto in una zona suburbana occidentale pianeggiante di Palermo, di circa 11 chilometri quadrati. Il sobborgo si trova vicino al bacino della Conca d’Oro, a 6 chilometri dal mare, ed è caratterizzato da intensive edificazioni, soprattutto insediamenti commerciali e alloggi pubblici, a circa 2 chilometri dalla discarica della città”, ha proseguito la ricercatrice. L’INGV ha stimato l’indicatore grafico greenness di esposizione al verde, il Normalized Difference Vegetation Index (NDVI), attraverso misurazioni da satellite. Mentre il DepLazio ha fornito l’indicatore di greyness, Residential Surrounding Greyness, e la composizione del territorio, usando la classificazione Corine Land Cover (CLC), programma sviluppato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente per il rilevamento e il monitoraggio delle caratteristiche di copertura e uso del territorio. ARPA Emilia-Romagna, infine, ha raccolto i dati su esposizione individuale al biossido di azoto e vicinanza a strade ad alto traffico. I dati sono stati elaborati e associati alla georeferenziazione delle residenze degli scolari per l’analisi statistica avanzata.

I risultati

Una bassa esposizione (NDVI) al greenness si associa a un più alto rischio di sintomi nasali (naso chiuso, naso che cola e prurito). I bambini che vivono in aree di tessuto urbano continuo, densamente cementificate, riportano più sintomi oculari e generali, come cefalea e stanchezza, rispetto a quelli che vivono in aree di tessuto urbano discontinuo, meno cementificate. La prossimità (minore di 200 metri), poi, a una strada ad alto traffico determina un aumento del rischio dei sintomi oculari (bruciore, lacrimazione, sensazione di sabbia negli occhi) e nasali. Con elevate esposizioni a livelli di biossido di azoto (NO2 maggiore o uguale a 60 μg/m3), il rischio di sintomi generali aumenta. “Sebbene l’inquinamento outdoor dell’area selezionata non sia influenzato da emissioni di specifiche fonti, come presenza di industrie o di traffico urbano”, ha aggiunto La Grutta, “i ricercatori hanno riscontrato, comunque, una lieve sintomatologia oculare associata a livelli di inquinante outdoor (biossido di azoto) superiore al valore limite annuale per la protezione della salute umana (NO2 maggiore o uguale 40 μg/m3). Da qui l’idea di poter estendere le stesse metodologie integrate di analisi ad aree simili al fine di verificare lo stato di salute dei bambini residenti”. “In particolare”, ha concluso Giovanni Viegi, direttore del CNR-IBIM, “l’associazione tra il greyness e la salute dei bambini sottolinea la necessità di una pianificazione urbana sostenibile a misura di bambino. L’associazione, poi, tra verde urbano e salute dei bambini sostiene la promozione e attuazione di soluzioni naturali come potenziale strategia di mitigazione per ridurre l’inquinamento atmosferico e i suoi effetti. La ricerca si inserisce nell’ambito della recente Prima Conferenza Mondiale su Inquinamento Atmosferico e Salute di Ginevra, in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto il punto sulla salute degli abitanti del Pianeta (oltre 7 milioni di morti anticipate sono attribuite annualmente all’inquinamento atmosferico) e ha lanciato un appello ai governi, al mondo sanitario e della ricerca per fare della lotta all’inquinamento atmosferico una priorità”.

Il monitoraggio ambientale può avere numerose declinazioni. Di una di queste ci parlano Franca Tommasi e Nunzio Dipierro nell’articolo “Il biomonitoraggio: come le piante ‘leggono’ l’ambiente”, che potrete acquistare singolarmente o con il numero completo di aprile 2018 di Sapere.

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